Feste e sagre in Sicilia

Il Castello

n.d. - Delia (CL)

Il  castello di Sabuci “Lu Castidrazzu”, arroccato su una elevata serra calcarea in prossimità del fiume Imera meridionale, dista circa 1 km dall’attuale abitato. La fortezza sorge in una posizione strategica a controllo della strada romana Catina-Agrigentum (lungo la quale l'Itinerarium Antonini cita, tra le 8 stationes tardo romane, la statio Petiliana localizzata da alcuni studiosi proprio a Delia) e dell’affluente Gibbesi, considerando che il Salso costituiva un’importante via di comunicazione per accedere all’entroterra siciliano. La costruzione del castello probabilmente è da collocare in epoca bizantina (IX secolo), con funzione militare e stazione di passaggio (come ci indicano le modeste dimensioni), ma l’area fu frequentata fin dall’epoca preistorica, come attestano le numerose tombe a grotticella di tipo castellucciano ricavate dalle pareti della serra, e le tracce di capanna, insieme a materiali, rinvenuti nella zona sottostante. Altri manufatti sono riconducibili all’età classico-ellenistica.
 
L’indagine archeologica e l’opera di restauro, condotti dal 1987 al 1995 (Delia - Il Castellazzo - Scavi e restauri), cui si deve l’attuale configurazione del castello, hanno permesso, attraverso lo studio sistematico dei rinvenimenti ceramici, degli elementi architettonici e delle strutture murarie, di ricostruire le fasi cronologiche relative alla storia medievale del castello. Il materiale rinvenuto nella discarica sul lato est, data la frequentazione del sito a partire dalla seconda metà del X e la prima metà del XII secolo. A questo periodo segue una fase di abbandono causata da un incendio, come indicano le tracce di bruciato. Rioccupato tra il XIII e il XV secolo, venne nuovamente abbandonato in seguito ad un evento violento, presumibilmente da porre in relazione a quanto narrato dallo storico Nicolò Speciale nella sua Historia Sicula, che rende partecipe il castello delle vicende legate alla guerra del Vespro (Nicolò Speciale, Historia Sicula, Palermo MDCCXCI). Dalla lettura delle fonti storico-letterarie (ampiamente studiate da Don Giuseppe Adamo, in “Storia di Delia” Dal 1596 ad oggi - 1988) emerge che il feudo di Delia, insieme al suo castello, alla fine del 1300, apparteneva al vassallo catalano Pietro Mazza, al quale era stato concesso dal re Martino, in cambio del servizio militare. Allo stesso modo il cavaliere Andrea Ortolano, possedeva il feudo di Castronovo, ma in seguito ad uno scambio di comune consenso (1399), il feudo di Delia divenne di sua proprietà e dei successori della casata. Morto Pompeo Ortolano, il 7 ottobre 1766, prese l’investitura sua figlia Eleonora, la quale sposò don Matteo Lucchese. La baronessa non ebbe figli e donò il feudo a sua nipote Francischella Ortolano moglie di Giuseppe Lucchese, la nel suo testamento istituì come suo erede il primogenito Gaspare Lucchese. Quest’ultimo sposò Vincenza Spatafora, nipote della baronessa Aldonza Larcan, dalla quale nel 1595 ebbe in dote lo stato di San Fratello. Anche Gaspare ricevette dei terreni che vennero aggregati al feudo di Delia e, alla vigilia del Natale del 1597, ottenne dal Viceré di Palermo la licentia populandi. Le ultime fasi si caratterizzano da una serie di trasformazioni riferibili all’utilizzo del castello come residenza signorile, a cui si alternano nuovamente periodi di distruzione e abbandono, per poi essere definitivamente isolato intorno alla metà del ‘600.
 
Planimetricamente è articolato su vari livelli. La lunga rampa di accesso conduce ad un grande piazzale (che nella parte orientale doveva essere occupato da un villaggio medievale), tre larghi gradini in pendenza immettono, attraversato il vano d’ingresso, piccolo ambiente voltato con sedili laterali, al piano della piccola corte. Questo spazio, non definito architettonicamente, doveva comprendere degli ambienti di servizio. Al di sotto sono scavati nella marna tre ambienti sotterranei, di forma irregolare, con funzione di deposito delle derrate, probabilmente successivamente reimpiegati come prigione. Proseguendo verso sud-est, sono stati individuati degli ambienti (databili al XV secolo) probabili cunicula, e i resti di un portello a finestrella con stipite in direzione sud-ovest, preceduta da due gradini. A ridosso di uno sperone roccioso sono stati rinvenuti resti di una banchina in pietra e vaschette, forse ambienti di uso artigianale. Segue un ampio piazzale (piazza d’armi?) con resti di ovile e stalla. Mediante una scalinata si raggiunge il piano superiore, scavato nella marna, dove si trova l’unico ambiente rimasto integro. Si tratta di un vano rettangolare coperto con volta a botte, costituito da due feritoie per lato, mentre al di sotto vi sono i resti di una grande cisterna di forma globulare per la raccolta dell'acqua piovana. L’ultimo livello è caratterizzato da tre ambienti residenziali (come indicano tre finestre a tutto sesto), di cui l’ultimo, nell’estremità sud, si raggiunge attraversando un corridoio merlato (camminamento di ronda). Il vano stretto e absidato ebbe, secondo alcuni, funzione di cappella. I terrazzi sovrastanti presentano resti di merlatura (si alternano merli ciechi a merli con feritoia).

Fonte / Autore: Comune di Delia


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